IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento iscritto al n. 1350/2000 R.G. per controversia in materia di oposizione allo stato passivo proposta con ricorso depositato in data 7 giugno 2000 dal Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato e dal Ministero delle finanze, in persona dei rispettivi Ministri in carica, rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Potenza presso i cui uffici ope legis domiciliano, nei confronti del fallimento della Edi Sud S.p.a. Premesso in fatto Che con ricorso depositato in data 7 giugno 2000 il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato e il Ministero delle finanze proponevano congiuntamente opposizione avverso il decreto reso in data 9 maggio 2000 dal giudice delegato e comunicato in data 24 maggio 2000 con il quale era stata respinta la domanda di insinuazione nel fallimento della Edi Sud S.p.a. proposta dall'Ufficio del Registro di Potenza per la somma di L. 37.413.953.495, di cui L. 20.996.796.280 per il recupero dei contributi erogati e L. 16.417.107.675 per gli interessi dal 31 dicembre 1994 oltre agli ulteriori interessi dal 1 gennaio 1995; Che gli opponenti contestavano le ragioni dell'esclusione (insufficiente documentazione del credito ed in particolare mancanza di prova della rituale notifica delle ingiunzioni di pagamento) richiamando gli atti gia' allegati alla domanda di insinuazione e depositando altresi' il decreto n. 114 GST del 3 maggio 1994 del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato e le ingiunzioni n. 8015 notificate, e chiedevano l'ammissione al passivo del complessivo importo di L. 37.413.953.495 (oltre agli ulteriori interessi maturandi calcolati al tasso ufficiale di sconto vigente nel periodo dell'erogazione alla effettiva restituzione maggiorato di 5 punti) con il privilegio di cui all'art. 39, comma 11, d.lgs. 30 marzo 1990 n. 76; Che la curatela del fallimento Edi Sud S.p.a. non si costituiva in giudizio per cui all'udienza del 13 dicembre 2000 ne veniva dichiarata la contumacia; Che nel corso della predetta udienza del 13 dicembre 2000, il giudice delegato, rilevato che l'opponente chiedeva la collocazione del credito in privilegio alla luce del disposto dell'art. 39, comma 11, d.lgs. 30 marzo 1990 n. 76 ("il diritto alla restituzione dei contributi e' preferito ad ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante ad eccezione del privilegio per le spese di giustizia e fatti salvi i diritti preesistenti dei terzi") e ritenuto che la norma in oggetto sembrasse, ad un preliminare esame, non esente da censure di incostituzionalita' nella parte in cui ometteva di considerare come prevalente il privilegio a cautela dei crediti per retribuzioni dovute a prestatori di lavoro subordinato, invitava, prima di riferire al collegio per le determinazioni di competenza, l'opponente a dedurre in merito alla questione di legittimita' costituzionale e, quindi, a concludere; Che con memoria depositata in data 16 febbraio 2001, i Ministeri respingevano ogni ipotesi di violazione al dettato costituzionale da parte del citato art. 39 e chiedevano l'accoglimento della domanda; Che la questione veniva, dunque, sottoposta al collegio. Considerato in diritto Con il presente giudizio viene sottoposta all'esame del tribunale la questione della collocazione del privilegio riconosciuto dall'art. 39, comma 11, d.lgs. 30 marzo 1990 n. 76 con riferimento al diritto alla restituzione dei contributi, in considerazione del fatto che tale privilegio e' dal legislatore considerato prevalente su ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e fatti salvi i diritti preesistenti dei terzi. Nel caso in questione la pretesa erariale trae origine dal decreto n. 114 del 3 maggio 1994 con il quale il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato aveva dichiarato la decadenza della Edi Sud S.p.a. dai benefici di legge previsti dall'art. 39 testo unico n. 76/1990 (ex art. 32 legge n. 219/1981), ai quali la societa' era stata ammessa con decreto reso in data 7 maggio 1985 dalla competente amministrazione ed aveva disposto a carico della stessa la restituzione della somma di L. 20.996.796.280 erogata in conto contributo. A seguito della notifica del decreto suddetto, la direzione regionale delle entrate aveva provveduto, ai sensi degli artt. 27 e 39 comma 2 del testo unico n. 76/1990, al recupero delle somme predette con le modalita' prescritte dall'art. 2 del regio decreto 14 aprile 1910 n. 639 e degli interessi maturati ed in conseguenza emesso ingiunzioni di pagamento nei confronti della Edi Sud S.p.a. e di Indurazzo Michele (nella qualita' di amministratore pro tempore della Edi Sud S.p.a.) per l'importo complessivo di L. 37.413.903.955 (ordinanze notificate in data 30 giugno 1995 - ai sensi dell'art. 140 c.p.c. - ed in data 5 maggio 1995). In data 30 settembre 1997 con sentenza n. 761/1997 l'Edi Sud S.p.a. era stata dichiarata fallita dal Tribunale di Potenza. Con istanza depositata in data 20 ottobre 1997 l'amministrazione finanziaria aveva chiesto l'ammissione al passivo fallimentare in privilegio dell'intero credito di L. 37.413.903.955. Sostiene l'opponente che il riconoscimento di un privilegio da preferirsi ad ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante (ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e fatti salvi i diritti preesistenti dei terzi) espressamente previsto dall'art. 39 comma 11, del decreto legislativo n. 76/1990 sarebbe esente da censure di illegittimita' costituzionale per la ragione che, non essendo disciplinato da alcuna norma costituzionale il grado di tutela delle garanzie patrimoniali, sarebbe rimessa alla discrezionalita' del legislatore la scelta relativa alla graduazione delle varie categorie di crediti. Nel caso di specie, ad avviso dell'opponente, non potrebbe porsi alcuna questione di irragionevolezza della determinazione del legislatore per il fatto che l'erogazione dei contributi, finalizzata alla ricostruzione ed allo sviluppo dei territori colpiti dagli eventi sismici ed alla rinascita della loro economia, ponendosi come un momento propulsivo di uno sviluppo occupazionale e di affrancamento delle aree depresse dalle ataviche piaghe della disoccupazione e della emigrazione (sottolineandosi che l'art. 2 della legge n. 219/1981 recepito nell'art. 2 del d.lgs. n. 76/1990, dichiara tali interventi come di "preminente interesse nazionale") evidenzierebbe che il riconosciuto privilegio avrebbe una logica intrinseca proprio nella circostanza che la stessa attivita' lavorativa e' stata consentita dall'erogazione dei contributi. Sempre ad avviso dell'opponente il recupero ed il riutilizzo delle somme gia' assegnate come contributi industriali andrebbe visto come uno di quegli strumenti con cui superare le differenze di punti di partenza che sono il limite allo sviluppo della persona umana e ne impediscono la piena realizzazione (art. 3, comma 2 Cost.). Ritiene questo tribunale che gli assunti dell'opponente non siano condivisibili. Un imprescindibile dato di fatto e' costituito dalla circostanza che, pur in assenza del collaudo finale e del trasferimento della proprieta' del terreno su cui e' stata realizzata la costruzione di uno stabilimento con i contributi erogati ai sensi della legge n. 291/1981, ben possono essersi verificate situazioni costitutive di posizioni creditorie anche privilegiate nei confronti della societa' poi interessata da un provvedimento di revoca del contributo. L'assunzione dei dipendenti e l'avvio della produzione era, infatti, una delle condizioni, previste dai vari disciplinari, da verificarsi in sede di collaudi parziali e, comunque, necessaria in vista di un regolare procedere dell'iniziativa verso la completa realizzazione delle finalita' per le quali la societa' era stata ammessa a contributo. Nel caso di specie, peraltro, risulta dallo stesso decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato n. 114 del 3 maggio 1994 e dalla nota della D.G.P.I Gestione separata Terremoto prot. n. 1.101.723 del 12 aprile 1994 che la Edi Sud S.p.a. era entrata in produzione, che erano state assunte n. 75 unita' lavorative, che fino alla chiusura definitiva dello stabilimento si erano alternati periodi di produzione e di fermo dell'attivita'. Lo stato passivo del fallimento della Edi Sud S.p.a. ha evidenziato l'esistenza di crediti privilegiati facenti capo agli ex lavoratori della Edi Sud S.p.a. che, oltre ad aver visto naufragare le prospettive lavorative, si sono ritrovati creditori, generalmente, per mensilita' non corrisposte e trattamento di fine rapporto. La presenza, dunque, di crediti gia' ammessi al passivo con il riconoscimento del privilegio di cui all'art. 2751-bis codice civile rende rilevante la questione della legittimita' costituzionale dell'art. 39 del comma 11 del Testo unico n. 76/1990, in vista di una corretta graduazione dei privilegi in sede di riparto. Quello previsto dall'art. 39 del testo unico n. 76/1990 e' un privilegio generale accordato dal legislatore in considerazione della causa del credito, ai sensi di quanto previsto dagli artt. 2745 e 2746 codice civile. Secondo la disciplina codicistica il privilegio in questione si esercita sull'intero patrimonio mobiliare del debitore, ivi comprese le universalita' di mobili, i crediti, le energie, i beni immateriali e gli altri diritti aventi per oggetto beni mobili. Il legislatore del 1990 ha, come si e' accennato, previsto espressamente che detto privilegio prevalga su ogni altro titolo di prelazione, da qualsiasi causa derivante, e quindi prevalga anche sul privilegio generale accordato dall'art. 2751-bis codice civile n. 1), previsto per le retribuzioni dovute sotto qualsiasi forma ai prestatori di lavoro subordinato e per tutte le indennita' dovute per effetto della cessazione del rapporto di lavoro. La norma in oggetto appare chiaramente derogativa rispetto all'ordine dei privilegi previsto dall'art. 2777 codice civile, nel nuovo testo modificato dalla legge n. 1975/426 (che ha individuato cinque categorie di crediti, il cui minimo comune denominatore e' dato dalla loro presumibile destinazione a costituire il sostentamento - quantomeno - principale di soggetti che traggono normalmente la loro fonte di reddito dall'esplicazione di personali attivita' lavorative, manuali o intellettuali), che prevede, al comma 2, che immediatamente dopo le spese di giustizia, debbano essere collocati i crediti aventi privilegio generale mobiliare di cui all'art. 2751-bis codice civile e che, all'ultimo comma, ribadisce la necessita' che i privilegi ex art. 2751-bis codice civile debbano essere collocati prima nelle ipotesi (diverse da quella in esame) che la norma speciale si limiti ad introdurre un privilegio senza alcun riferimento, diretto o indiretto, ai privilegi del codice civile. La deroga alla disciplina generale introdotta dall'art. 39 del testo unico n. 76/1990 e' desumibile proprio dalla previsione della posposizione del privilegio alle sole spese di giustizia, con esclusione, quindi, degli ulteriori privilegi indicati dall'art. 2777 codice civile, come collocabili in preferenza su ogni altro credito. Ci si chiede, dunque, se tale deroga sia giustificabile alla luce del dettato costituzionale ed appaia ragionevole secondo i principi elaborati dalla Corte costituzionale con riferimento ai limiti connaturati al potere discrezionale del legislatore. Al riguardo si osserva che, sempre nel codice civile, e' previsto che altri crediti dello Stato abbiano privilegio generale sui mobili del debitore. L'art. 2752 comma 3 codice civile prevede, infatti, che i crediti dello Stato per le imposte, le pene pecuniarie e le soprattasse dovute secondo le norme relative all'imposta sul valore aggiunto hanno privilegio generale sui mobili del debitore. Con riguardo ai crediti suddetti, peraltro, l'art. 2776 ultimo comma codice civile prevede che, in caso di infruttuosa esecuzione sui mobili, gli stessi vadano collocati sussidiariamente sul prezzo degli immobili, con preferenza rispetto ai crediti chirografari, ma "dopo i crediti indicati dal comma precedente", e cioe' dopo i crediti di cui all'art. 2751-bis codice civile. E' stato evidentemente considerato che anche crediti dello Stato di particolare interesse, come quelli afferenti ad imposte e relativi accessori, debbano, in quanto privilegi generali, essere posposti ai crediti da lavoro ai sensi dell'art. 2751-bis codice civile. Su quest'ultima categoria di crediti, pertanto, alla luce della disciplina codicistica i crediti assistiti dal privilegio generale di cui all'art. 2751-bis codice civile (oltre ai crediti per le spese di giustizia) prevalgono sui crediti dichiarati preferiti ad ogni altro e, quindi, ad esempio, anche sul privilegio speciale mobiliare a favore degli istituti autorizzati a concedere finanziamenti alle imprese industriali ex art. 7 del d.l.lt. n. 367 del 1944 (cosi' come modificato dal decreto-legge n. 1075 del 1947), essendo solo posposti ai crediti pignoratizi o assistiti da privilegi speciali con diritto di ritenzione ovvero al privilegio speciale immobiliare a favore degli istituti di credito che pure trova la sua origine nel decreto-legge n. 1075 del 1947. Il diverso trattamento assicurato dall'art. 2777 codice civile ai crediti di cui all'art. 2751-bis codice civile rispetto agli altri e' da porsi in relazione alla eterogeneita' ontologica delle cause di prelazione e crediti assistiti ed alla necessita' di maggiore tutela dei diritti costituzionalmente garantiti dei lavoratori tutelati ex art. 36 della Costituzione. Appare, dunque, sindacabile, all'interno della norma attributiva del privilegio sul diritto alla restituzione dei contributi, la scelta di non includere, quale privilegio da considerarsi prevalente rispetto a quello di nuova attribuzione, anche quello - quantomeno - dell'art. 2751 n. 1 codice civile. La scelta del legislatore appare, invero, contrastante con l'art. 3 della della Costituzione perche' come detto l'art. 2776 ultimo comma codice civile pospone crediti dello Stato di particolare interesse rispetti ai crediti di cui all'art. 2751-bis codice civile ed e' altresi' contrastante con il principio della proporzionalita' (al lavoro) e sufficienza (alle esigenze del lavoratore) della retribuzione di cui all'art. 36 Cost.. Va al riguardo ricordato che l'art. 2751-bis n. 1 codice civile, cosi' come l'intero contesto della norma, e' frutto di una lunga evoluzione significativa di una tendenza volta a garantire con un privilegio di rango elevato tutti i crediti dei lavoratori dipendenti. La riforma del 1975 ha visto, poi, continuare l'opera di ampliamento del privilegio in esame ad opera della Corte costituzionale, la quale ha dichiarato l'illegittimita', per violazione dell'art. 3 Cost., dell'art. 2751-bis n. 1 codice civile "nella parte in cui non munisce di privilegio generale istituito dall'art. 2 legge n. 426 del 1975 il credito del lavoratore subordinato per danni conseguenti ad infortunio sul lavoro del quale sia responsabile il datore di lavoro, se e nei limiti in cui il credito non sia soddisfatto dalla percezione delle indennita' previdenziali ed obbligatorie dovute al lavoratore subordinato in dipendenza dello stesso infortunio" (Corte costituzionale 17 novembre 1983 n. 326). L'opera di ampliamento e' poi continuata con i successivi interventi della Corte in materia di rivalutazione ed interessi (Corte costituzionale 31 dicembre 1986, 20 aprile 1989 n. 204, 18 luglio 1989 n. 408, 22 dicembre 1989 n. 567) ritenendosi, in particolare, che la non estensione del privilegio agli interessi sui crediti privilegiati da lavoro subordinato costituisse una violazione del principio di parita' garantito dall'art. 3 della Costituzione e, comunque, del principio di cui all'art. 36 della Costituzione. Rispetto a detta evoluzione e' del tutto evidente che l'art. 39 del testo unico n. 76/1990 si sostanzia in una inversione di tendenza che non sembra giustificata. La prospettazione dell'opponente, secondo cui la determinazione di anteporre il credito statuale a quello di lavoro non sarebbe irrazionale, per la considerazione che l'attivita' lavorativa e' stata consentita proprio dall'erogazione dei contributi ed il recupero in via privilegiata del contributo medesimo sarebbe funzionale al riutilizzo di tali risorse proprio per la realizzazione massima di quelle esigenze di sviluppo occupazionale e di garanzia dell'esistenza libera e dignitosa dei soggetti interessati, non tiene conto della circostanza che, in un sistema nel quale le procedure per la realizzazione degli insediamenti industriali non siano giunte a termine, si e' creata una frattura tra lo scopo di realizzazione del programma di ricostruzione e sviluppo e gli effetti che tale mancata realizzazione ha determinato nei confronti di soggetti (lavoratori) che teoricamente avrebbero, con l'inserimento nell'ambito strutturale dell'impresa e l'effettivita' della prestazione, dovuto contribuire al buon esito della iniziativa industriale, e che, invece, con la chiusura dello stabilimento ed il fermo dell'attivita', sono i primi direttamente danneggiati (sostanziandosi il momento propulsivo di sviluppo occupazionale e di affrancamento delle aree depresse dalla secolare piaga della disoccupazione, che e' alla base dell'erogazione dei contributi, in una concreta frustrazione delle legittime aspettative di precisi individui). Ma l'esclusione predetta appare contrastante con l'art. 3 della Costituzione e irragionevole anche sotto altro profilo. Con legge 7 agosto 1997 n. 266 art. 10 comma 5 sono state trasferite alle Regioni Basilicata e Campania le funzioni di natura normativa concernenti il completamento degli insediamenti produttivi e la gestione delle aree industriali realizzate ai sensi dell'art. 32 della legge 14 maggio 1981 n. 219, da esercitare in raccordo con le disposizioni sui Contratti d'area di cui all'art. 2, comma 203, lett. f) della legge 23 dicembre 1996 n. 662. Con la stessa norma sono stati trasferiti ai consorzi di sviluppo industriale competenti per territorio, costituiti a norma dell'art. 36, commi 4 e 5 della legge 5 ottobre 1991 n. 317 e successive modificazioni, gli impianti e le opere infrastrutturali realizzati nelle aree industriali di cui al citato art. 32 della legge n. 219/1981 (e, con particolare riferimento alla Edi Sud S.p.a., il trasferimento e' in concreto avvenuto con decreto ministeriale n. 346 del 23 dicembre 1998). La procedura di recupero in via amministrativa dei lotti, loro accessori e pertinenze, rimasti inutilizzati o la cui assegnazione sia stata revocata e' stata prevista dall'art. 21 comma 3, del decreto-legge 23 giugno 1995 n. 244 come modificato dalla legge 17 maggio 1999 n. 144, che prevede l'immissione in possesso dei beni anche nelle ipotesi di assoggettamento delle societa' gia' beneficiarie dei contributi a procedure concorsuali. Gli interventi legislativi sopra ricordati (tutti successivi alla introduzione dell'art. 39 di cui al testo unico n. 76/1990) hanno sostanzialmente comportato una sorta di retrocessione in favore dello Stato (melius delle regioni in virtu' del trasferimento delle funzioni sopradetto), ed in vista di una futura riassegnazione ad altro soggetto in condizione di completare l'insediamento produttivo, di impianti industriali realizzati con i contributi di cui all'art. 32 della 219/1981 ma anche con la contribuzione della societa' ammessa ai benefici. In questo contesto legislativo (in relazione alla quale e', invero, solo ipotizzabile per le curatele l'apertura di contenziosi nei confronti dei consorzi industriali e/o delle regioni per il recupero del credito corrispondente alla quota di spettanza della fallita sull'insediamento realizzato), la previsione di cui all'art. 39 del testo unico n. 76/1990 (che come detto introduce un privilegio di ordine generale) e' tale da far ritenere che su qualunque attivo conseguito in sede fallimentare (diverso, dunque, da quello ipoteticamente proveniente dalla liquidazione dei beni realizzati con i contributi ai sensi della legge n. 219/1981) debba prevalere il privilegio dello Stato (il quale, comunque, si insinua nel passivo dei fallimenti per l'intero importo del contributo erogato oltre agli interessi maturati anche laddove, come proprio nel caso della Edi Sud S.p.a., sia intervenuto formale decreto di trasferimento in favore del Consorzio A.S.I. del lotto gia' assegnato alla societa' e degli impianti ed opere strutturali sullo stesso realizzati). A tanto puo' aggiungersi l'ulteriore profilo di irragionevolezza individuabile nella considerazione che non trova giustificazione logica e giuridica il duplice pregiudizio derivante al beneficiario (e, quindi, alla curatela fallimentare) dall'apprensione coattiva dei beni e dalla restituzione dell'intero contributo utilizzato (almeno in parte) per la realizzazione o per l'acquisto dei beni medesimi. L'attuale assetto legislativo consente, pertanto, di pervenire ad una considerazione di irragionevolezza sopravvenuta dell'art. 39 del testo unico n. 76/1990, atteso che il recupero ex legis auctoritate dei beni realizzati ovvero acquistati con i contributi erogati dallo Stato (ed invero non solo con quelli) non sembra possa in alcun modo giustificare la permanenza di un privilegio che, quanto alla collocazione, si ponga come derogativo rispetto all'ordine dei privilegi previsto dall'art. 2777 codice civile nel nuovo testo modificato dalla legge 1975/426.